Quando l’attacco contro il Presidente della Repubblica diventa arma di consenso
Fa scalpore in questi giorni la polemica esplosa tra la coalizione di governo e il Quirinale. Secondo l’articolo del quotidiano La Verità, intitolato “Il piano del Quirinale per fermare la Giorgia Meloni”, un consigliere del Colle, Francesco Saverio Garofani, avrebbe parlato durante una cena di un’azione mirata a ostacolare la leader di Fratelli d’Italia e la sua maggioranza. Il Fatto Quotidiano+2Pagella Politica+2
Il capogruppo di FdI alla Camera, Galeazzo Bignami, ha rilanciato la tesi chiedendo una smentita formale del Colle. Ma dal Quirinale è arrivata una nota durissima: «si registra stupore per una dichiarazione che sembra dar credito a un attacco alla Presidenza della Repubblica costruito sconfinando nel ridicolo». Corriere Roma+2Sky TG24+2
Perché questa polemica?
Da un lato c’è una forza politica di governo che, a circa un anno dalle prossime elezioni, fatica a mostrare risultati tangibili: economia stagnante, inflazione, disoccupazione giovanile. Dall’altro, appare la scelta strategica di trovare un nemico visibile, forte e – soprattutto – istituzionalmente prestigioso: il Colle.
Invece di confrontarsi sui contenuti, l’attacco si concentra sulla figura del Capo dello Stato, trasformando una presunta «cena tra amici» in un complotto anti-Meloni.
Ecco perché potrebbe essere un piano della destra
- Distrazione dai numeri reali
Quando i dati economici o sociali non funzionano, la strategia è semplice: cambiare argomento. Accendere la miccia contro il Presidente della Repubblica porta i media su un tema emotivo, lasciando in secondo piano le cifre sul PIL, la sanità, la disoccupazione. - Polarizzazione e identità
Attaccare il Presidente della Repubblica — simbolo della continuità istituzionale — aiuta a rafforzare una narrativa «noi contro tutto ciò che rappresenta il vecchio regime». Serve a mobilitare la base, alimentare il senso di “inadeguatezza dei poteri forti” e consolidare il consenso. - Sfida istituzionale come evento mediatico
Il Colle non è solo un bersaglio pratico: è un “evento” mediatico. La nota del Quirinale, l’incontro d’urgenza con la premier al Quirinale stesso (Meloni si è recata in visita a Mattarella il 19 novembre) TGCOM24+1 alimentano un dibattito che appare più strategico che sostanziale.
I rischi di questa strategia
- Minaccia alla stabilità istituzionale: quando il Presidente della Repubblica diventa oggetto di attacco politico, si mina la neutralità e la dignità della carica.
- Messa in ombra delle politiche reali: concentrarsi sul “nemico” evita di dover rispondere sui risultati — o sulla loro mancanza.
- Erosione del rapporto istituzione-cittadino: il pubblico che assiste a scontri tra premier e Presidente può perdere fiducia nelle istituzioni, vedendole come palcoscenici di lotte personali.
Qual è il vero problema?
Il punto più delicato è che, dietro la polemica, non sembra emergere un’oggettiva prova di complotto o di ingerenza del Colle. Gli articoli parlano di “chiacchiere tra amici” e le smentite dal Quirinale sono nette.
Ma mentre i giornali si occupano del “piano”, nessuno entra nei veri problemi del governo: la crisi economica, il divario Nord-Sud, il debito, la sanità in difficoltà.
Così, la destra punta su un nemico simbolico (il Colle) per evitare di parlare di un altro dato simbolico: la realtà delle politiche concrete.
🔍 Conclusione
La polemica sulla presunta campagna del Quirinale contro la Meloni potrebbe essere una mossa strategica della destra che, priva di risultati da sbandierare, sceglie lo scontro istituzionale come palcoscenico.
Quando un governo attacca il Capo dello Stato, non è solo un fatto politico: è un segnale. Di fragilità. Di spiazzamento. Di difficoltà.
Ed è esattamente quando un esecutivo non ha molto da mostrare che cerca qualcosa contro cui scagliarsi.
In questo caso, la scelta è caduta sul Palazzo del Quirinale.
E sul simbolo di tutta la Repubblica.
