La Sicilia attraversa uno dei momenti più complessi degli ultimi anni. Le inchieste della Procura di Palermo — con 18 indagati nell’indagine sugli appalti, tra cui nomi eccellenti della politica regionale come Totò Cuffaro e Saverio Romano, che si dichiarano estranei ai fatti — stanno producendo scosse significative negli equilibri della maggioranza.
Alle conseguenze giudiziarie si aggiungono quelle amministrative: la Giunta regionale ha sospeso tre dirigenti, incluso un nome di peso come Maria Letizia Di Liberti, e ha avviato richieste di revoca per collaboratori politici coinvolti. Nel frattempo, l’inchiesta di Catania “Mercurio”, con 17 imputati, si intreccia con una narrazione inquietante su rapporti distorti fra affari e pubblica amministrazione.
La pressione non riguarda soltanto i tecnici. Testate regionali e nazionali hanno riportato che, nell’orbita delle diverse inchieste, sarebbero toccati anche esponenti della maggioranza come Carmelo Pace, oltre a situazioni giudiziarie pregresse che lambiscono figure di primo piano come Luca Sammartino e Gaetano Galvagno.
Il quadro è, a dir poco, preoccupante: un mosaico di indagini, revoche, sospensioni, processi in corso e richieste di chiarimento che investe la credibilità complessiva del governo siciliano.
La questione non è più solo giudiziaria, ma politica e culturale
La Sicilia è una terra straordinaria, ma oggi ostaggio di un paradosso profondo: una quantità anomala di indagini che colpiscono pezzi del sistema politico e amministrativo, e contemporaneamente un’abitudine radicata a normalizzare tutto, come se fosse fisiologico.
Il problema, però, non riguarda solo chi governa: riguarda un’intera cultura politica che, nel tempo, ha tollerato e riconfermato dinamiche poco trasparenti.
Non si tratta di colpevolizzare i cittadini, ma di riconoscere che l’inerzia civica, l’astensionismo selettivo e l’abitudine a rivotare figure già note — spesso senza ottenere reali benefici — hanno contribuito a consolidare un sistema che oggi mostra tutte le sue fragilità.
La fiducia nella politica è un bene pubblico. E quando questa fiducia viene ripetutamente compromessa, la responsabilità non può che essere condivisa.
Una crisi che impone una riflessione seria sulla classe dirigente
Il numero degli indagati, la qualità delle accuse e la rilevanza delle figure coinvolte rendono questa crisi diversa dalle precedenti.
La domanda che molti si fanno è semplice: può un governo regionale portare avanti il proprio mandato in un clima dove la fiducia si sgretola ogni giorno di più?
È una domanda legittima, che richiede una risposta politica forte, al di là delle responsabilità penali — che spettano ai tribunali.
In Sicilia nasce anche chi prova a reagire: il progetto Avantinsieme.it
Accanto al caos giudiziario, si registra l’emergere di iniziative civiche autonome che puntano a ricostruire un tessuto politico sano.
Tra queste, Avantinsieme.it, un progetto che dichiara di voler aggregare cittadini, professionisti e amministratori che credono nella trasparenza, nella competenza e nella responsabilità etica nella gestione della cosa pubblica.
Non si tratta qui di fare mobilitazione politica, ma di segnalare che in Sicilia — oltre agli scandali — esistono anche energie civiche che vogliono una nuova cultura amministrativa.
Una parte della società civile non vuole più essere spettatrice, ma protagonista di un cambiamento basato su legalità e merito.
Conclusione
La Sicilia vive un passaggio critico: una Regione attraversata da indagini, sospensioni, interrogativi sulla moralità pubblica e un crescente senso di sfiducia.
In questo contesto, il dibattito pubblico ha bisogno di trasparenza, di assunzione di responsabilità e di un serio esame di coscienza collettivo.
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