La sanità siciliana vive una fase di profonda crisi morale e gestionale.
Tra indagini, inchieste giudiziarie, nomine controverse, aziende sanitarie sotto pressione, e presunti intrecci tra politica, burocrazia e interessi privati, cresce una domanda che i cittadini non possono più ignorare:
Dove sono le istituzioni di controllo?
La VI Commissione Sanità, l’Assessore regionale alla Salute, i vertici amministrativi:
che ruolo stanno svolgendo davanti a un sistema che sembra sfuggire ai principi di trasparenza e buon governo?
È legittimo chiedere:
- Perché non esiste un controllo efficace sul dilagare delle criticità nella gestione sanitaria?
- Perché la vigilanza istituzionale risulta, nei fatti, così debole?
- Perché i siciliani devono scoprire problemi solo dopo che esplodono nei tribunali o sui giornali?
La Sicilia non merita una sanità in balia di logiche di potere e zone grigie.
Non merita che la salute dei cittadini diventi terreno di scontro politico, o peggio ancora, spazio per comitati di interessi che nulla hanno a che vedere con il bene pubblico.
Se chi ha il dovere di controllare non è in grado o non vuole farlo, allora il gesto più dignitoso è restituire la parola agli elettori.
La democrazia non è solo andare al voto:
è soprattutto assumersi responsabilità davanti ai cittadini.
Forse è arrivato il momento che chi guida la sanità in Sicilia dia spiegazioni chiare, documentate e pubbliche,
e, se non è in grado di garantire trasparenza e tutela del servizio pubblico,
si faccia un passo indietro.
Perché la salute non è una bandiera di partito.
È un diritto costituzionale.
E la Sicilia merita una sanità libera, controllata, trasparente e al servizio delle persone, non dei sistemi di potere.
