Le ultime elezioni hanno consegnato al Partito Democratico un quadro di delusione, che non si limita ai numeri ma racconta una storia politica più profonda: quella di una leadership che sembra aver scelto di non voler vincere. È difficile leggere diversamente certe scelte strategiche e politiche, dai candidati alle alleanze, se non come un tentativo di navigare a vista, evitando rischi ma rinunciando al coraggio necessario per conquistare davvero l’elettorato.
Prendiamo ad esempio il caso di Schlein. Doveva incarnare il nuovo, portare un’energia fresca, una prospettiva moderna per il partito. Invece, fin dall’inizio, ha dato l’impressione di essere un’estensione del M5S, senza una visione originale né un richiamo alla tradizione del PD. Non c’è stata innovazione, né continuità con le radici del partito: il risultato è stato un vuoto politico che ha scoraggiato anche chi, nel PD, sperava in un cambio di passo.
Gli accordi di “campo largo” hanno poi dimostrato tutti i loro limiti. La strategia di costruire alleanze ampie, sacrificando candidati e territori, ha avuto effetti immediatamente negativi: dalla Calabria, dove Tridico è stato sacrificato per logiche di coalizione, fino alle Marche, dove la mancata capacità di reagire ai problemi con il candidato ha compromesso le possibilità di vittoria. Non è solo una questione di errori tattici: è un segnale della difficoltà del PD di decidere e assumersi responsabilità anche quando servirebbero scelte coraggiose.
Il PD oggi deve fare una scelta chiara. Vuole diventare un partito grande, capace di parlare al mondo del lavoro e alle preoccupazioni degli italiani, oppure resterà in attesa che il centrodestra si autodistrugga, come troppo spesso accaduto nella storia recente? Non ci sono scorciatoie: il rilancio passa per un ritorno alle radici del partito, combinato con una visione innovativa. Significa avere il coraggio di fare scelte difficili, di proporre idee concrete per il lavoro, l’istruzione, la sanità e l’economia reale.
Il futuro del PD dipende dalla capacità di unire tradizione e innovazione. Senza questa sintesi, rischia di rimanere prigioniero di tattiche di breve periodo e di alleanze di comodo, incapace di costruire un progetto politico credibile e vincente. È tempo di guardare in faccia i problemi, di scegliere con coraggio e di smettere di navigare a vista: il paese non aspetta, e il PD nemmeno può più permettersi di farlo.