Il Partito Democratico sembra non imparare mai dai propri errori. In Calabria si sta preparando l’ennesima resa senza condizioni: concedere la candidatura al Movimento 5 Stelle, con Pasquale Tridico, per salvare a livello nazionale il cosiddetto “campo largo”. Ma questa non è una strategia politica, è un suicidio annunciato.
La verità: con Tridico si parte sconfitti
Pensare di vincere con Tridico è una pia illusione. La destra di Occhiuto ha un apparato territoriale forte, radicato, che non aspetta altro che sfruttare la debolezza del centrosinistra. Presentarsi divisi, o peggio ancora con un candidato imposto per logiche romane, significa partire già battuti.
La Calabria sacrificata sull’altare nazionale
La destra calabrese usa la Regione come trampolino per i propri interessi di partito. E la sinistra? Fa peggio: sacrifica la Calabria per un disegno nazionale che non ha né basi né prospettive. Si rinuncia a competere seriamente sul territorio, in nome di un accordo fragile e tutto da dimostrare.
Una storia che si ripete: da Bonaccini a Tridico
Non dimentichiamolo: già in passato il PD si è fatto condizionare dal Movimento 5 Stelle. Alle primarie per la segreteria, la “massa” di voti grillini portata a sostenere Elly Schlein ha cambiato gli equilibri, lasciando a bocca asciutta Stefano Bonaccini, che sarebbe stato il vero segretario capace di parlare al Paese. Ora si rischia di replicare lo stesso schema in Calabria: il PD non assorbe i 5 Stelle, ma si lascia assorbire.
Il futuro? Una resa continua
Così facendo, il Partito Democratico non costruisce alleanze solide, ma si condanna a subire. La linea della resa continua non porta all’unità, porta solo all’irrilevanza.
Se la direzione nazionale non cambia rotta, la sinistra in Calabria sarà condannata a perdere, e con lei perderà credibilità l’intero progetto del “campo largo”.
